Borgo medievale appenninico a una dozzina di chilometri da Faenza, sito lungo la strada regionale 302 che da Faenza va verso Firenze, Brisighella è una autentica perla nel cuore dello spettacolare Parco regionale della Vena del Gesso. E di una particolare varietà di gesso cristallino, la traslucida selenite o pietra di luna (che è poi la lapis specularis con cui greci e romani, quando ancora era ignota la tecnica di fabbricazione del vetro, realizzavano finestre da cui filtrava una luce simile a quella della luna, “selène” in greco), sono costituiti i tre pinnacoli rocciosi, detti i Tre Colli, su cui sorgono le tre emergenze che dominano il paese dall'alto, due civili e una religiosa: la Torre dell'Orologio, la Rocca e il santuario del Monticino.

La Torre, costruita nel 1290 da Maghinardo de' Pagani (grande condottiero medioevale citato anche da Dante nella Divina Commedia e ritenuto il fondatore del paese) e rifatta nel 1850 (quando vi fu aggiunto l'orologio), ha una campana del 1408 che porta il nome di Astorgio III Manfredi, che un po' di anni dopo sarebbe stato signore di Faenza.

La Rocca, eretta nel 1310 da Francesco Manfredi, ha l'aspetto che le diedero nel 1466 Astorgio II Manfredi e qualche decennio più tardi i Veneziani, durante la loro breve dominazione, prima che Brisighella passasse allo Stato della Chiesa: due torri cilindriche, massicce mura, un cortile e cunicoli sotterranei.

Il santuario mariano fu eretto nel 1758 sul Monte Cozzolo, detto Calvario e poi Monticino, dove c'era l'oratorio in cui nel 1662 gli abitanti avevano trasferito un'immagine miracolosa in cotto di Maria con il Bambino, e che era venerata dal 1626 alle porte del paese. La sacra immagine è oggi in una nicchia al centro del coro: di piccole dimensioni, rappresenta la Vergine a mezza figura, vestita di tunica rossastra, cinta di fascia bianca e con un manto verde scuro sul capo. La Madre Santa stringe al seno e rimira il Bambino Gesù. L'immagine della Madonna fu cinta di corona d'oro nel 1934.

Il borgo invece si sviluppa nel pianoro sottostante la collina dei tre poggi ed è formato da antiche viuzze, tratti di cinta muraria e scale scolpite nel gesso. La sua parte più rappresentativa consiste in una strada coperta del XII secolo, sopraelevata e che riceve luce da mezzi archi di differente ampiezza, baluardo di difesa per la retrostante cittadella medioevale: è nota come la cosiddetta via degli Asini, per via del riparo che forniva agli animali dei birocciai che trasportavano il gesso dalle cave sovrastanti il paese, servendosi di asini. Le stalle si trovavano di fronte agli archi mentre le abitazioni erano ai piani superiori. I carri da trasporto, le birocce, erano sistemate nei cameroni scavati nel gesso, che si aprivano nella piazza sottostante.

Le chiese del paese conservano importanti opere di un pittore forlivese allievo di Melozzo da Forlì, Marco Palmezzano, che una grande mostra a Forlì nel 2006 ha riscoperto, consacrandolo come uno degli artisti più importanti del Rinascimento nelle Romagne. Vero mago della prospettiva, con una propensione per colori smaltati e lucenti, Palmezzano qui esibisce la sua arte nella simmetria della “Madonna col bambino in trono, fra tre angeli e quattro santi” (1520) collocata al centro dell’abside di S.Maria degli Angeli o dell’Osservanza (1518-25) e firmata “Marchus Palmezanus Foroliviensis faciebat MCCCCCXX”. Nella stessa chiesa è del Palmezzano anche la tavola del “Padre Eterno” nella lunetta, dove Dio Padre, con la barba bianca bipartita, è circondato dai cherubini, mentre la mano che benedice con tre dita rimanda simbolicamente alla Trinità. Spostandosi poi alla collegiata di San Michele Arcangelo e Giovanni Battista, nella centrale piazza Carducci, si trova un'altra tempera su tavola del maestro forlivese, “L'adorazione dei Magi” (1514), proveniente dalla pieve di Rontana, parrocchia ora soppressa a tre chilometri da Brisighella, e qui collocata dal 2000 nella prima cappella a destra entrando. Alla tavola è sovrapposta la lunetta, con la “Disputa di Gesù fra i dottori”, restaurata recentemente.

Brisighella ha anche tre piccoli musei: il Museo civico “G. Ugonia”, costituito dal lascito di 400 opere del pittore e litografo Giuseppe Ugonia (1881-1944) e da un migliaio di incisioni di autori del XIX e XX secolo; il Museo del lavoro contadino nelle vallate del Lamone, Marzeno e Senio, ospitato dal 1975 nella Rocca; e, fuori del paese, in posizione panoramica a 721 metri di altezza, il Museo della Resistenza “Cà Malanca” che documenta fra l'altro gli scontri tra nazifascisti e Alleati lungo la Linea Gotica e la battaglia di Purocielo dell'ottobre 1944.

Data un'occhiata al Palazzo Comunale, costruito su disegno di Antonio Melari tra il 1824 e il 1828 con facciata in stile neoclassico palladiano, coronata da un timpano triangolare con al centro sono effigiati due angeli che sostengono un orologio a sei ore, conviene uscire dal paese e raggiungere la bellissima pieve di San Giovanni in Octavo o del Tho, così chiamata perché posta all'ottavo miglio (e da ottavo, tho) della via romana Faventina, che univa l'Emilia all'Etruria ed è indicata nella Tavola Peutingeriana. Si tratta di una delle più antiche costruzioni romaniche dell'Emilia, le cui origini una leggenda fa risalire addirittura a Galla Placidia, figlia di Teodosio, che l’avrebbe fatta erigere con i resti di un tempio dedicato a Giove Ammone. Menzionata già in una pergamena del 909, la basilica sorse sui resti di una villa romana, come provano i numerosi frammenti ceramici e laterizi, alcuni dei quali inglobati nelle murature della cripta, e le 11 colonne in granito grigio e una in marmo rosso di Verona delle tre navate interne, con elementi di reimpiego quali capitelli corinzi asiatici e capitelli a lira, basi attiche, un miliario. Restaurata nel 1931, la pieve, “Chiesa-Madre” della valle del Lamone, ha un campanile che conserva la bifora originale medievale. 

Testo di Roberto Copello; foto Thinkstock e brisighella.org (pieve) 

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