Una carneficina. Uno dei più terribili massacri della storia. E anche una mattanza da cui nacque l'idea della Croce Rossa Internazionale. Solo la distanza storica, gli anni che passano, la voglia di dimenticare hanno attutito la portata atroce della battaglia di Solferino, riducendola nella percezione generale a un fatto storico fra i tanti. Così, con il passare degli anni, è da giurare che sempre meno abitanti di Milano o di Parigi saprebbero spiegare perché a una via e a una “rue” delle loro città è stato dato proprio quel nome, Solferino. Come è da supporre che nessun automobilista che sta percorrendo l'autostrada Serenissima provi un brivido di orrore e di commozione mentre, arrivato all'altezza di Sirmione, vede profilarsi verso sud la torre cilindrica di San Martino della Battaglia. Eppure la battaglia che fu combattuta sulle colline moreniche che stanno fra San Martino e Solferino il 24 giugno 1859 fu catastrofica come poche altre. Insomma, non fu semplicemente, come si studiava a scuola una volta, l'episodio decisivo della seconda guerra di indipendenza italiana.
Dall'epoca delle grandi battaglie napoleoniche, come quella “delle nazioni” a Lipsia nel 1813 o quella di Waterloo nel 1815, l'Europa non assisteva a una tragedia del genere. Ingenti erano le forze in campo: secondo le stime più attendibili, francesi e piemontesi, da un lato, schieravano dai 115mila ai 188mila uomini, mentre dall'altro gli austriaci mettevano in campo dai 120mila ai 170mila uomini. Anche se gli studi storici più recenti hanno ridimensionato il bilancio delle vittime, questo fu comunque terribile: 2492 morti e 12.500 feriti tra i franco-piemontesi, 3000 morti e 10.800 feriti fra gli austriaci. La battaglia di Solferino segnò anche una svolta nell'arte militare. Grazie alle ferrovie (che ancora non esistevano ai tempi di Napoleone), le truppe francesi partite da Lione impiegarono solo quattro giorni per congiungersi con i soldati piemontesi. A rendere la battaglia un autentico macello furono soprattutto i progressi nell'artiglieria, che fecero sì che fu combattuta assai più a colpi di cannone che attraverso corpo a corpo, causando ferite particolarmente gravi e un altissimo numero di amputati. Fu questo scenario da tregenda che colpì profondamente un giovane e indebitato uomo d'affari svizzero, il trentunenne Jean Henry Dunant, che era arrivato in prossimità del fronte nella speranza di risolvere i propri problemi incontrando l'imperatore Napoleone III.
A Castiglione delle Stiviere, a ovest di Solferino, dove era stato allestito l'ospedale da campo per i feriti dello schieramento franco-piemontese, Dunant vide palesarsi sotto i suoi occhi il più inatteso e terribile degli spettacoli: centinaia, migliaia di soldati, venivano ricondotti dal campo di battaglia con ferite terribili, spesso privi di braccia o gambe, per poi essere abbandonati a se stessi, non essendoci medici e infermieri per prestare loro le prime cure. A darsi da fare parevano essere solo le donne del paese, animate dal parroco don Lorenzo Barziza. Dunant, fervente calvinista, si mise a cercare uomini e donne che lo aiutassero a fornire ai feriti acqua, cibo e bende, fece aprire le chiese per alloggiarli, si spinse di persona sui campi di battaglia per raccogliere altri feriti.
Sconvolto dall'esperienza fatta, raccontò poi tutto questo in un libro, “Souvenir de Solferino”, stampato in 1600 copie nel novembre 1862, presto divenuto un besteseller internazionale, tradotto in venti lingue. Nacque così il progetto di formare squadre di infermieri volontari che potessero soccorrere i feriti sui campi di battaglia, secondo un criterio di assoluta imparzialità. Un'idea che s'impose subito: già dal 1863 cominciarono a nascere le prime società nazionali della Croce Rossa. Nel giugno 1864 nasceva a Milano il primo comitato italiano, e nell'agosto successivo veniva firmata la prima Convenzione di Ginevra, che sanciva la neutralità delle strutture della Croce Rossa e del personale sanitario impiegato, medici e infermieri. In seguito Dunant non ebbe mai una vita semplice e sarebbe morto povero, con l'unica consolazione del Nobel per la pace assegnatogli nel 1901. La sua idea e la sua opera però è continuata, fino a imporre la Croce Rossa Internazionale come una delle organizzazioni umanitarie più importanti del mondo.
Solferino, dove l'idea fu concepita, lo ricorda con un semplice memoriale. Dal parco che circonda la rocca, si stacca verso ovest un viale di cipressi, detto di San Luigi Gonzaga, il santo che la tradizione vuole passeggiasse proprio in questo luogo. Percorrendolo si giunge al memoriale della Croce Rossa, eretto in tutta semplicità nel centenario della battaglia: una croce rossa in vetro, un muro in pietra bianca con i nomi dei paesi che hanno aderito via via alla Croce Rossa, poche parole incise su un cippo a ricordare l'opera di Dunant.
Da qui ogni anno in giugno, poco prima dell'anniversario della battaglia, prende il via la Fiaccolata della pace, che attira a Solferino volontari da tutto il mondo per celebrare i luoghi dove nacque l'idea della Croce Rossa, ripercorrendo lungo 8 chilometri la strada compiuta dai feriti dal campo di battaglia in direzione di Castiglione dello Stiviere. A seguire, la Celebrazione Storica della battaglia del 1859 si tiene invece il 24 giugno in Piazza Torelli.