«Che cosa state cercando?»
«Cerchiamo bellezza».
«Siete arrivati nel posto giusto. E che cosa volete fare?»
«Vogliamo fare una lunga camminata nei sentieri qui intorno, tra i boschi».
Non fosse che ho assistito con i miei occhi e ho sentito con le mie orecchie questa conversazione direi che è falsa. E invece è successo davvero un tiepido mercoledì d’autunno dentro le mura che cingono Fosdinovo: una conversazione casuale tra due escursionisti liguri e l’assessore al turismo del borgo toscano Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, Giorgio Bonalume. Mappa alla mano l’assessore è intento a spiegare, a questo punto anche a noi, le tante passeggiate che si possono fare in questi boschi fitti che si inerpicano sulla montagna.
Fosdinovo con i suoi 4.700 abitanti è un comune diffuso, anzi, forse è più corretto dire che è un piccolo pianeta circondato da satelliti. Dove il centro è il borgo murato di Fosdinovo, e le lune che orbitano intorno sono la dozzina di borgate disperse tra il verde argentato degli ulivi e quello cangiante dei boschi, distese di castagni e lecci che con il progredire dell’autunno diventano arancio, rosso e marrone.
Gli escursionisti che vogliono camminare sono capitati nel posto giusto. Tutte le borgate sono unite, oltre che strade comunali strette e tortuose, da una serie di sentieri che un tempo costruivano la vela tela della viabilità rurale. Stradine che passano tra filari di vite, castagni in crescita selvaggia, uliveti sferzati dal vento, e poi alberi e ancora alberi che sarebbe bello saper riconoscere passando una mano sulla corteccia, osservando la forma delle foglie, la densità della chiome. Perché quel che colpisce di Fosdinovo e della montagna che la circonda è proprio quanto denso sia il bosco che copre tutti i versanti della montagna, dalla pianura fino alla cima. «Sono boschi nuovi, giovani, soprattutto castagni e lecci che hanno ormai ricoperto i vecchi terrazzamenti coltivati» spiega l’assessore. Vecchio o giovane che sia questo bosco invita ad inoltrarsi, a percorrerlo quasi fosse una foresta di Sherwood toscana. Un camminare che oggettivamente promette bellezza e un sacco di storie. E infatti una volta che si cammina con l’idea di salire verso il monte Carboli basta girarsi e si vede il mare, e davanti al mare la mole dell’imponente castello Malaspina di Fosdinovo, che dall’alto dei suoi 500 metri d’altitudine da secoli sta in guardia del territorio, a metà tra le Alpi Apuane e il Tirreno. In tutte le stagioni la maggioranza dei turisti arriva per vedere il castello, così austero con le sue mura grigia che odorano di Mediovevo, e poi il paese che gli è cresciuto attorno, tre vie parallele che racchiudono la vita di Fosdinovo: il comune, i negozi, la posta, la stazione dei Carabinieri, tre chiese, qualche bar. E un ottimo ristorante – la trattoria Quinta Terra (via Papiriana 1, tel. 0187.603537) – che richiama turisti anche fuori stagione. Del resto con il bel tempo si mangia nello spiazzo sotto il castello, da un lato si guarda il mare, dall’altro il bosco, nel piatto prodotti locali. Altrimenti si scende nelle cantine di un antico palazzo. «Il grosso dei 4.700 abitanti vive ormai in basso, quasi in piano, nella frazione Caniparola. Qui su sono rimasti in pochi, come relativamente in pochi siamo nelle altre frazioni, dove 50, dove cento, dove 40». spiega Bonalume. In tutte un tempo c’era una trattoria/osteria che soprattutto nei fine settimana diventava l’attrattiva per sostanziose gite fuori porta. Una manciata sono ancora aperte, altre hanno chiuso negli anni. La calamita della storia sembra tirare verso la pianura, peccato.
Non scende certo verso il mare la rocca di Fosdinovo, imponente e impervia, ha un che di magnetico: è un concreto baluardo che domina nel paesaggio e si scorge da ogni dove. Una volta arrivati in alto, sulle mura di Fosdinovo, viene naturale guardare in basso. E ci si sente un po’ come il Duca d’Auge di Raymond Queneau che dagli spalti del suo castello contemplava la situazione storica. Se è sera si vedono un mare di lucine che brillano nel fondo della val di Magra, così tante che a non conoscere la geografia viene da domandarsi di che immensa città si tratti. Oltre, dove invece c’è buio, il Tirreno. Al largo una grande nave alla fonda che sembra una rotonda sul mare tutta luci. Se invece è giorno il paesaggio è oggettivamente glorioso: il mare domina l’orizzonte, la luce è intensa e chiara, l’immensa città scintillante della sera prima si capisce che non è affatto una grande città ma Sarzana e i paesi della val di Magra. In fondo, verso ponente, la piana di Luni con i suoi campi lisci, le spiagge di Bocca di Magra, le colline di Monte Marcello dietro cui si intuisce La Spezia. E poi, ma dipende dal luogo esatto da cui si osserva, la punta di PortoVenere l’isola di Palmaria, il golfo di La Spezia. Dietro il profilo montuoso delle Cinque Terre. Verso Levante s’innalzano invece gli Appennini bruni e colorati, coperti di boschi che diventano foreste. Più vicino la costellazione delle frazioni. Il borgo Bandiera Arancione di Fosdinovo meriterebbe una visita anche solo per questo: per poter osservare il paesaggio dall’alto, come un geografo legge una mappa stesa sul tavolo. Ma invece c’è da camminare e lasciare la contemplazioni ad altri momenti. «In questi mesi abbiamo investito per sistemare la segnaletica, chiedendo al Cai di Sarzana una mano per rinverdire i segnavia» spiega l’assessore. Gli escursionisti dell’inizio, due preparati e almeno all’apparenza atletici, vogliono salire a Pulica, scendere verso Tendola per poi risalire passando dalla località Prade per poi risalire in paese. Un giro lungo, un cinque ore, tra boschi e frazioni. Ma non sembra esser un problema, anzi. Pulica e Tendola si trovano sull’altro versante del monte Carboli, quello che si apre sulla Lunigiana e permette di godere della vista delle Apuane, con il loro profilo dolomitico e il bianco del marmo scavato come che le trasforma in una cattedrale bucherrelata. In fatto di scorci panoramici Fosdinovo è una vera miniera. Ma anche in quanto a storie non è messo male.
Tra i boschi di castagno della località Padre si trova il museo Audiovisivo della Resistenza, un contenitore di storie che stanno all’incrocio tra la microstoria fatta di testimonianze e la grande Storia degli eventi. Per cui entrandoci non bisogna aspettarsi di trovare uniformi e moschetti, fotografie e reperti ma solo parole. Parole importanti, parole interessanti, parole che fanno la storia. «Del resto siamo un museo della testimonianza orale» spiega Simona Mussini, presidentessa dell’Associazione Archivi della Resistenza che gestisce la struttura. All’interno il museo, che per anni è stata una colonia per i bambini di Sarzana, è una grande stanza con un tavolo immenso su cui pendono quattro grandi schermi. Basta toccare per entrare nel regno delle parole e sentire i racconti dei partigiani che facevano parte della Brigata Garibaldina Ugo Muccini attivi in tutta la zona dopo l’8 settembre. Le voci non sono solo quelle dei partigiani, ma anche quelle dei contadini che davano il loro sostegno agli insorti, quelle dei militari e deportati in Germania. Tutte voci che contribuiscono a creare un affresco per tenere in vita la memoria della resistenza in questo angolo di Toscana incuneato nella Liguria. «Quando è nato questo è stato il primo museo di narrazione in Italia. Merito di studio Azzurro che ha curato l’allestimento. Ma merito anche di chi ha voluto che questa struttura servisse non tanto e non solo come luogo per celebrare la storia, ma come luogo di una memoria viva, capace di agganciare le nuove generazioni grazie alla sua interattività» spiega.
Ma è tutto il museo Museo della Resistenza ad essere vivo. Qui davanti passano alcuni dei sentieri che attraversano il territorio di Fosdinovo, tra cui il Sentiero della Resistenza che sale da Sarzana e segue i passi dei partigiani che si davano alla montagna. Mentre il bosco di castagni che circonda è parte integrante del museo. «In estate qui si tiene Fin nel cuore della rivolta, una festa con concerti e spettacoli che sono un omaggio non limitato alla Resistenza ma anche alla memoria sociale più contemporanea. Perché il grosso del lavoro è mantenere in vita e tradurre in azioni concrete gli ideali che animarono quelle lotte». E c’è da dire che al museo ci riescono benissimo. Per tutto l’anno il ristorante attiguo ospita incontri e dibatti, mostre e presentazioni tutti eventi ispirati alla condivisione. «Siamo in mezzo al bosco, non siamo certo di passaggio, la gente però viene e continua a tornare perché questo è un posto vivo che cerca di declinare il più possibile la Resistenza in chiave contemporanea». Di certo assai contemporaneo è il modo con cui sostengono parte delle loro attività: la vendita dell’amaro Partigiano, realizzato con erbe della zona da una cooperativa di Trezzano sul Naviglio. «Si tratta di un progetto di sociale di autoproduzione che si basa sul lavoro etico i cui proventi sono reinvestiti sul territorio, ovvero sul Museo».
Anche Luca Barli investe sul territorio. Lo fa con la Burlanda, una fattoria dove si allevano animali (maiali, polli, conigli ma anche una varietà locale di mucche), animali con cui si fanno insaccati serviti nell’agriturismo che ha una vista gloriosa sulle mura di Fosdinovo e sulle colline che la circondano. A tavola la cucina è quella di una volta, ma reinventanta con moderna delicatezza. E Luca la racconta con passione, piatto per piatto, storia per storia. Raccontando dove prende il pesce «perché questa è una terra di montagna che è sempre stata in relazione con il mare», dove trova certe verdure, come cuoce i testaroli secondo la vecchia ricetta di sua nonna e il castagnaccio sui testi con farina di castagna DOP Lunigiana. Luca produce anche olio e vino, il Vermentino Colli di Luni bianco e nero. «Il vermentino nero è una rarità tipica di queste colline» spiega Rosanna del Podere Lavandaro. La sua cantina è in paese, sotto il castello. «Qui c’erano le vecchie scuderie, poi l’abbiamo sistemate e produciamo tutto qui, tre queste mura vecchie tre secoli» racconta. I terreni vitati sono tutto intorno, nella vallata soliva che guarda verso Ponente e sfrutta l’influsso dolce del mare e il fresco che scende dai monti. Una condizione ideale. Così ideale che viene in mente lo scambio di battute dell’inizio. «Che cosa state cercando?» «Cerchiamo bellezza». Sono arrivati nel posto giusto.
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Testo di Tino Mantarro - Foto di Giacomo Fè